Insieme a Maria e Giuseppe affidiamo oggi i nostri figli al Signore

Oggi è la Candelora, la festa che commemora la presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme.

Nel Vangelo secondo Luca si legge che Maria e Giuseppe, in ottemperanza a quanto prescritto dalla legge giudaica, portarono il piccolo Gesù presso il tempio di Gerusalemme quaranta giorni dopo la sua nascita. Siccome ogni primogenito del popolo ebraico era considerato offerto a Dio, era necessario che i genitori lo riscattassero attraverso un'offerta. Fu in quel momento che il vecchio Simeone riconobbe il bambino come il Messia e affermò che sarebbe stato "luce per illuminare le genti".

Da qui la liturgia della Chiesa cattolica, prevede appunto in questa giornata la benedizione delle candele, simbolo appunto di colui che è luce "per tutte le genti".

Il brano dell'evangelista Luca è ricco di spunti di riflessione, ma oggi vorremmo soffermarci su due punti che parlano direttamente a noi come coppia, come genitori.

La presentazione di Gesù al Tempio

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Lc. 2,22-24

Il primo messaggio lo ricaviamo dal motivo per cui Maria e Giuseppe portano il bambino al tempio. Per offrirlo al Signore.

Il figlio non è loro, è di Dio, non possono tenerlo per sé.

È la tentazione che abbiamo noi genitori, e che ha avuto anche la Santa Famiglia di Nazareth. Gesù ha affrontato il demonio e le sue tentazioni durante i quaranta giorni trascorsi nel deserto, Maria e Giuseppe, nella loro vita quotidiana. 

Ma qual è la tentazione che abbiamo noi genitori?

È quella di servirsi dei nostri figli per realizzare i nostri progetti, i nostri sogni.

Quanti genitori sognano un particolare futuro per i loro figli, quella professione, quello sport, quello strumento. Scarichiamo sui nostri figli i nostri progetti irrealizzati, i nostri sogni nel cassetto. Li teniamo stretti a noi cercando di farli camminare sul sentiero che nella nostra mente abbiamo già tracciato per la loro vita.

E finiamo per creare adulti che vivranno con progetti irrealizzati e con sogni chiusi nel cassetto.

La famiglia di Nazareth invece consegna il loro figlio al Signore, lo inseriscono nel progetto di Dio, nei disegni di Dio e questi disegni possono essere molto diversi da quelli che i genitori hanno in mente per loro.

Il figlio non appartiene ai genitori, è affidato ai genitori affinché lo facciano crescere e lo inseriscano nel progetto che il Padre del cielo ha su di lui.

Nessuno meglio di Maria e Giuseppe può aiutarci a capirlo e può guidarci ad essere dei genitori così come piace a Dio.

Lo Spirito Santo era su di lui

Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Lc. 2,25-32

Il secondo messaggio lo ricaviamo dalla figura di Simeone. Il brano del Vangelo ci dice che "lo Spirito Santo era su di lui" e questa parola "Spirito" ritorna per tre volte.

Al numero tre nella Bibbia viene assegnato un valore di pienezza. Simeone è un uomo che si è sempre lasciato guidare dallo Spirito Santo, che è stato il suo confidente, è con lui che si è sempre consigliato per tutta la vita e lo Spirito Santo gli aveva fatto capire che non sarebbe morto prima di aver visto "il Cristo del Signore".

È lo Spirito Santo che gli ha dato la forza e la sapienza di saper guardare avanti. L'immagine che il passo ci propone è di un vecchio che non guarda indietro, ma che guarda avanti. Quando si è vissuto illuminati e condotti dallo Spirito Santo, si guarda al passato senza rimpianti.

Simeone non vuole tornare giovane e vivere questa nuova avventura con Gesù perché ha portato a compimento la sua vita, che ha avuto un senso. Non si lamenta per il male che vede attorno a sé, non dà la colpa al mondo della sua vecchiaia.

Simeone ci insegna ad invecchiare con dignità, ad amare e rispettare ogni stagione della nostra vita, a saper capire quando è arrivato il momento di mettersi da parte e di lasciare spazio ai giovani.

Come genitori, come nonni, come educatori. 

I giovani vadano avanti, lui ha vissuto, è contento della sua vita e sa che gli acciacchi fanno parte della condizione umana quando la vita volge al tramonto.

Certo, se abbiamo trascorso la nostra vita avendo come unico obiettivo la giovinezza, la prestanza fisica, la forza, la salute, allora non ci rassegneremo mai a verle affievolire e scomparire. Simeone sa che la vita ha la sua parabola e poi si va verso l'autunno, verso il tramonto.

Se saremo capaci di affidare veramente i nostri figli al Signore, perché sono suoi, e di vivere la nostra vita come l'ha vissuta Simeone, guidati dallo Spirito Santo, allora avremo sempre nel cuore questa serenità e questa libertà, la gioia di essere vissuti e nessun male, nessuna pandemia potrà mai spaventarci.